Geremia 35
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NT greco
Geremia e il clan dei Recabiti
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Durante il regno di Ioiakìm figlio di Giosia, re di Giuda, il Signore diede a me, Geremia, questi ordini:
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«Va’ a parlare con quelli del clan dei Recabiti. Poi conducili in una delle stanze annesse al tempio e offri loro del vino da bere».
Rimandi
35,2
clan dei Recabiti 2 Re 10,15-16.
Note al Testo
35,2
Il clan dei Recabiti risale al capostipite Recab attraverso Ionadàb (vedi v. 6); collaborò con Ieu, re d’Israele, a sterminare i sacerdoti di Baal (vedi 2 Re 10,15-23).
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e li condussi al tempio. Li feci entrare nella sala riservata ai discepoli del figlio di Igdalia, Canan, uomo di Dio. Questa sala è adiacente a quella dei capi, sopra la stanza di Maasia figlio di Sallum, incaricato di sorvegliare l’ingresso del tempio.
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e nemmeno possediamo vigne, campi, sementi, né costruiamo case,
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Però quando Nabucodònosor re di Babilonia ha invaso la nostra terra, abbiamo deciso di venire a Gerusalemme per sfuggire all’esercito babilonese e arameo. Ed ora ci troviamo qui, a Gerusalemme.
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di andare a riferire agli abitanti di Giuda e di Gerusalemme queste parole: «Io, il Signore dell’universo, Dio d’Israele, vi chiedo: per quale motivo non avete imitato l’esempio dei Recabiti e non avete ubbidito ai miei ordini?
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Ho continuato a mandarvi tutti i miei servi, i profeti, che vi esortavano ad abbandonare le vostre abitudini malvagie e a migliorare il vostro comportamento. Essi vi raccomandavano anche di non seguire divinità straniere e di non servirle, per continuare a vivere sulla terra che avevo dato ai vostri antenati e a voi. Però voi non mi avete ascoltato, non avete dato retta alle mie parole.
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Perciò farò venire su di voi, abitanti di Giuda e di Gerusalemme, tutte le sciagure che vi avevo annunziato, perché vi ho parlato ma non mi avete ascoltato, vi ho chiamati ma non mi avete risposto. Ve lo dico io, il Signore, Dio dell’universo e Dio d’Israele».
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Per questo, io il Signore dell’universo, Dio d’Israele, prometto che tra i discendenti di Ionadàb figlio di Recab ci sarà sempre qualcuno che avrà l’onore di servirmi».