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INTRODUZIONE
AL LIBRO DI GEREMIA

Autore e ambiente storico

L’attività del profeta Geremia iniziò nel 627 a.C. e si concluse dopo il 587 a.C. (vedi 1,2-3), in Egitto (vedi capitoli 43-44), dove il profeta probabilmente morì. Nel suo libro troviamo ampie notizie sulla sua attività dal 609 al 587 a.C.
Questi vent’anni furono molto importanti per la vita del popolo ebraico. Il piccolo regno di Giuda, coinvolto nel gioco delle grandi potenze (Egitto, Assiria, Babilonia), finì per essere schiacciato dal vincitore Nabucodònosor, re di Babilonia.
Questi conquistò Gerusalemme una prima volta nel 597 a.C. Lasciò intatta la città, ma condusse in esilio il re Ioiachìn e un certo numero di persone qualificate.
Dieci anni dopo, Nabucodònosor ritornò a Gerusalemme per punire una ribellione del nuovo re, Sedecia. Questa volta distrusse la città e il tempio del Signore e deportò a Babilonia parte della popolazione superstite, insieme al re Sedecia. Nel territorio di Giuda rimase soltanto la gente più povera, sfruttata e maltrattata da bande di soldati sfuggiti al massacro.

Nel quadro di queste vicende storiche si inserisce l’attività del profeta Geremia. Egli ricevette da Dio l’incarico di spiegare ai suoi contemporanei il significato della tragedia che stavano vivendo. In un primo momento il profeta sperò di poter convincere il suo popolo a evitare la catastrofe nazionale. Si oppose ai re, ai capi, all’opinione pubblica del suo tempo, e lo fece non per calcoli umani, ma per fedeltà alla missione ricevuta da Dio, alla quale ubbidì sempre, nonostante le difficoltà interiori ed esteriori, che si manifestano nei suoi lamenti rivolti a Dio, in passato chiamati ‘confessioni’ (vedi ad esempio 11,18-12,6; 15,10-21; 17,14-18; 18,18-23; 20,7-18).
Quando la catastrofe si rivelò inevitabile, il profeta affermò la necessità di accettare il predominio dei Babilonesi e per questo fu accusato di disfattismo e tradimento. Ma egli amava il suo popolo e suggeriva la sottomissione perché scorgeva in essa l’ubbidienza al piano di Dio. Il disastro nazionale e il rifiuto opposto alla sua predicazione gli fecero comprendere che il comportamento umano può essere mutato solo da una trasformazione del modo di pensare e agire operata da Dio stesso (31,31-34). Sperando in questo, egli poté annunziare ai deportati in Babilonia e a quelli rimasti in Giudea la futura rinascita.
Caratteristiche principali

Dal capitolo 36 del libro di Geremia si capisce in che modo i redattori finali dell’opera presentano la sua origine e le sue prime fasi di composizione. A distanza di vent’anni da quando aveva cominciato a profetizzare, Geremia fece mettere per iscritto i suoi interventi precedenti. Questa prima raccolta venne bruciata dal re Ioiakìm, ma Geremia ne fece una seconda redazione, aggiungendovi anche altro materiale.
Il profeta non scrisse personalmente, ma si servì di un segretario, di nome Baruc. È probabile che Baruc, dopo la morte del profeta, abbia raccolto le sue memorie e con esse abbia completato il libro. Alcuni pensano che altri ricordi furono aggiunti a questa raccolta più tardi, da discepoli che avevano costatato l’avvenuta realizzazione delle parole del profeta.
Varie parti del libro di Geremia presentano un linguaggio simile a quello del Deuteronomio e dei libri redatti dalla cosiddetta ‘scuola deuteronomistica’.

Le ripetizioni, i cambiamenti di stile e l’apparente disordine, che possono disorientare i lettori di oggi, si spiegano con l’origine composita del libro. Per seguire meglio i racconti e comprendere i messaggi del profeta è utile tener conto delle grandi divisioni all’interno del libro stesso, indicate nello schema seguente.
Schema
— Presentazione del libro 1,1-3 — Dio chiama Geremia alla missione di profeta 1,4-19 — Messaggi ai re e agli abitanti del regno di Giuda 2,1-24,10 — Breve sintesi della missione del profeta Geremia 25,1-38 — Avvenimenti della vita del profeta 26,1-45,5 — Messaggi contro le nazioni straniere 46,1-51,64 — Appendice: la fine di Gerusalemme 52,1-34