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CEI 2008 - Nuovo Testamento - Lettere Paoline - Romani - 14

Romani

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14 Accogliete chi è debole nella fede, senza discuterne le opinioni.
14,1-12  Non giudicare gli altri
 Alcuni cristiani, chiamati “deboli”, si ritengono ancora obbligati ad osservare certe forme di ascesi e pratiche rituali. Altri, i “forti” (15,1), si considerano liberi da queste osservanze. La prima regola, desunta dalla fede comune, è quella di non giudicare gli altri, perché giudice unico di tutti è il Signore. Un caso analogo di tensioni tra deboli e forti nella comunità cristiana è affrontato da Paolo in 1Cor 8,1-13.
2Uno crede di poter mangiare di tutto; l'altro, che invece è debole, mangia solo legumi.
3Colui che mangia, non disprezzi chi non mangia; colui che non mangia, non giudichi chi mangia: infatti Dio ha accolto anche lui.
4Chi sei tu, che giudichi un servo che non è tuo? Stia in piedi o cada, ciò riguarda il suo padrone. Ma starà in piedi, perché il Signore ha il potere di tenerlo in piedi.
5C'è chi distingue giorno da giorno, chi invece li giudica tutti uguali; ciascuno però sia fermo nella propria convinzione.
6Chi si preoccupa dei giorni, lo fa per il Signore; chi mangia di tutto, mangia per il Signore, dal momento che rende grazie a Dio; chi non mangia di tutto, non mangia per il Signore e rende grazie a Dio.
7Nessuno di noi, infatti, vive per se stesso e nessuno muore per se stesso,
8perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore.
9Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi.
10Ma tu, perché giudichi il tuo fratello? E tu, perché disprezzi il tuo fratello? Tutti infatti ci presenteremo al tribunale di Dio,
perché sta scritto:

Io vivo, dice il Signore:
ogni ginocchio si piegherà davanti a me
e ogni lingua renderà gloria a Dio.

14,11  Citazione di Is 49,18 e 45,23.
12Quindi ciascuno di noi renderà conto di se stesso a Dio.
D'ora in poi non giudichiamoci più gli uni gli altri; piuttosto fate in modo di non essere causa di inciampo o di scandalo per il fratello.
14,13-23 Non turbare la fede dei fratelli
14Io so, e ne sono persuaso nel Signore Gesù, che nulla è impuro in se stesso; ma se uno ritiene qualcosa come impuro, per lui è impuro.
15Ora se per un cibo il tuo fratello resta turbato, tu non ti comporti più secondo carità. Non mandare in rovina con il tuo cibo colui per il quale Cristo è morto!
16Non divenga motivo di rimprovero il bene di cui godete!
17Il regno di Dio infatti non è cibo o bevanda, ma giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo:
18chi si fa servitore di Cristo in queste cose è bene accetto a Dio e stimato dagli uomini.
19Cerchiamo dunque ciò che porta alla pace e alla edificazione vicendevole.
20Non distruggere l'opera di Dio per una questione di cibo! Tutte le cose sono pure; ma è male per un uomo mangiare dando scandalo.
21Perciò è bene non mangiare carne né bere vino né altra cosa per la quale il tuo fratello possa scandalizzarsi.
22La convinzione che tu hai, conservala per te stesso davanti a Dio. Beato chi non condanna se stesso a causa di ciò che approva.
23Ma chi è nel dubbio, mangiando si condanna, perché non agisce secondo coscienza; tutto ciò, infatti, che non viene dalla coscienza è peccato.


Note al testo

14,1-12  Non giudicare gli altri
 Alcuni cristiani, chiamati “deboli”, si ritengono ancora obbligati ad osservare certe forme di ascesi e pratiche rituali. Altri, i “forti” (15,1), si considerano liberi da queste osservanze. La prima regola, desunta dalla fede comune, è quella di non giudicare gli altri, perché giudice unico di tutti è il Signore. Un caso analogo di tensioni tra deboli e forti nella comunità cristiana è affrontato da Paolo in 1Cor 8,1-13.
14,11  Citazione di Is 49,18 e 45,23.
14,13-23 Non turbare la fede dei fratelli