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1 Timòteo

I contenuti
Le lettere a
Timòteo e a Tito sono chiamate "pastorali" perché indirizzate a responsabili di comunità cristiane e perché richiamano i doveri del ministero pastorale. Timòteo, originario di Listra, era discepolo e collaboratore di Paolo fin dal secondo viaggio missionario (At 16,1-3). L'apostolo gli indirizza questa lettera che riguarda l'organizzazione della chiesa di Èfeso. Timòteo dovrà difendere la verità del Vangelo di fronte ai falsi maestri (1,3-7; 4,1-7; 6,3-12), in quanto pastore educherà i cristiani alla preghiera e alle opere buone (2,1-10) e sceglierà con prudenza i capi delle Chiese (3,1-13; 5,17-22). Lo schema della lettera è il seguente:
Indirizzo e saluto (1,1-2)
Combatti la buona battaglia (1,3-20)
Disposizioni per la comunità ecclesiale (2,1-6,19)
Epilogo (6,20-21).

Le caratteristiche
La lettera si presenta come un piccolo manuale per il pastore e rivela uno stile e un vocabolario alquanto diversi dalle prime lettere di Paolo. L'apostolo inserisce anche dei riferimenti alla propria storia personale (1,3; 1,12-16; 3,14) e riporta un frammento che fa pensare alla citazione di un qualche antico inno cristiano (3,16). La lettera contiene il testo più decisivo circa la vocazione universale alla salvezza (2,4).

L'origine
Questa lettera, come anche le altre due "pastorali", si pone nell'alveo della tradizione paolina. Tutte e tre hanno avuto un medesimo autore che, generalmente, si ritiene essere stato non direttamente l'apostolo, ma un suo discepolo, che avrebbe scritto negli ultimi anni della vita di Paolo, collaborando con lui, o anche più tardi, dopo la sua morte, forse integrando qualche breve scritto dello stesso apostolo. In questa prospettiva la datazione si può collocare tra gli anni 65-67 oppure 80-90. Destinatario dello scritto è Timòteo; ma a queste pagine, sin dai tempi della Chiesa primitiva, è stata riconosciuta una validità universale e permanente, soprattutto come guida per i pastori delle comunità cristiane.