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CEI 2008 - Antico Testamento - Libri Sapienziali - Giobbe - 7

Giobbe

7 L'uomo non compie forse un duro servizio sulla terra
e i suoi giorni non sono come quelli d'un mercenario?
7,1-10 La vita è un duro servizio
Le parole di Giobbe si ispirano qui al genere della lamentazione, frequente nei testi biblici per esprimere la debolezza e la fragilità della condizione umana.
Nell’antichità la condizione del mercenario (l’operaio pagato a giornata) e dello schiavo era tra le meno considerate e le più faticose.
2Come lo schiavo sospira l'ombra
e come il mercenario aspetta il suo salario,
3così a me sono toccati mesi d'illusione
e notti di affanno mi sono state assegnate.
4Se mi corico dico: "Quando mi alzerò?".
La notte si fa lunga e sono stanco di rigirarmi fino all'alba.
5Ricoperta di vermi e di croste polverose è la mia carne,
raggrinzita è la mia pelle e si dissolve.
6I miei giorni scorrono più veloci d'una spola,
svaniscono senza un filo di speranza.
7Ricòrdati che un soffio è la mia vita:
il mio occhio non rivedrà più il bene.
8Non mi scorgerà più l'occhio di chi mi vede:
i tuoi occhi mi cercheranno, ma io più non sarò.
9Una nube svanisce e se ne va,
così chi scende al regno dei morti più non risale;
10non tornerà più nella sua casa,
né più lo riconoscerà la sua dimora.
Ma io non terrò chiusa la mia bocca,
parlerò nell'angoscia del mio spirito,
mi lamenterò nell'amarezza del mio cuore!
7,11-21 Lo sfogo di Giobbe
Sono io forse il mare oppure un mostro marino,
perché tu metta sopra di me una guardia?
7,12  mare e mostro marino: allusioni alle antiche mitologie mesopotamiche, nelle quali mare e mostri marini rappresentavano il caos e la ribellione alla divinità; per questo andavano tenuti sotto stretta vigilanza.
13Quando io dico: "Il mio giaciglio mi darà sollievo,
il mio letto allevierà il mio lamento",
14tu allora mi spaventi con sogni
e con fantasmi tu mi atterrisci.
15Preferirei morire soffocato,
la morte piuttosto che vivere in queste mie ossa.
16Mi sto consumando, non vivrò più a lungo.
Lasciami, perché un soffio sono i miei giorni.
17Che cosa è l'uomo perché tu lo consideri grande
e a lui rivolga la tua attenzione
18e lo scruti ogni mattina
e ad ogni istante lo metta alla prova?
19Fino a quando da me non toglierai lo sguardo
e non mi lascerai inghiottire la saliva?
20Se ho peccato, che cosa ho fatto a te,
o custode dell'uomo?
Perché mi hai preso a bersaglio
e sono diventato un peso per me?
21Perché non cancelli il mio peccato
e non dimentichi la mia colpa?
Ben presto giacerò nella polvere
e, se mi cercherai, io non ci sarò!".

Note al testo

7,1-10 La vita è un duro servizio
Le parole di Giobbe si ispirano qui al genere della lamentazione, frequente nei testi biblici per esprimere la debolezza e la fragilità della condizione umana.
Nell’antichità la condizione del mercenario (l’operaio pagato a giornata) e dello schiavo era tra le meno considerate e le più faticose.
7,11-21 Lo sfogo di Giobbe
7,12  mare e mostro marino: allusioni alle antiche mitologie mesopotamiche, nelle quali mare e mostri marini rappresentavano il caos e la ribellione alla divinità; per questo andavano tenuti sotto stretta vigilanza.