Giovanni
Il vangelo fu scritto verso l’anno 100 e il più antico manoscritto che ce lo tramanda è del 150, al massimo del 200.
Nonostante le caratteristiche che evidentemente distanziano questo vangelo dai primi tre, Giovanni intende scrivere, come i suo predecessori, un vangelo: lo provano l’identità del quadro generale e dei fatti fondamentali, le non rare indicazioni cronologiche - a volte essenziali (cfr. nota a 5,1) -, geografiche e di vario altro tipo.
Soltanto Giovanni racconta di un prolungato ministero di Gesù a Gerusalemme. Le radici palestinesi del vangelo vengono allo scoperto nel linguaggio in più punti chiaramente aramaico.
Giovanni scrive a distanza di circa settanta anni dopo la morte di Gesù (a. 30) e preferisce scegliere alcuni fatti della vita di Cristo, che, a ragione del loro contenuto simbolico, permettono una profonda intelligenza del mistero di Cristo, sotto la guida dello Spirito Santo (cfr. 14,26; 15,26; 16,13) e alla luce dell’esperienza soprannaturale della Chiesa. Giovanni conserva fedelmente la sostanza degli insegnamenti di Gesù; anche se il versa in una propria forma letteraria.
Si può parlare di una tradizione giovannea - affiorante anche in Luca - in parte parallela e in parte complementare della tradizione riflessa nei tre primi vangeli.
Il sublimo prologo (1,1-18) enunzia i temi sviluppati nel vangelo. I cc. 1,19-4,54 avviano la manifestazione della natura e dei poteri divini di Cristo; nei cc. 5-22, la polemica con i Giudei approfondisce temi essenziali del mistero delle persone e della missione del Figli di Dio; i cc. 13-21 contengono il racconto della passione della morte e della risurrezione di Cristo, con l’inserzione delle sue ultime confidenze ai discepoli (cc. 13-17).